Uno dei tanti motivi che mi hanno spinto ad impugnare una fotocamera nella vita, è l’amore per la mia città.
Che non è sbocciato subito, anzi. Quando ero più giovane la odiavo. Il vero amore per la città in cui sono nato, cresciuto e in cui sto lavorando (troppo spesso odiata e snobbata anche da chi a Milano deve tanto), nasce pochi anni fa, quando per lavoro incominciavo a girarla in lungo e in largo, scoprendone le mille sfaccettature belle (ma anche le brutte) che questa magnifica città propone a cittadini e turisti.
Un amore simile a quello che provano chi questa città la racconta con la musica, spaziando da “Luci a San Siro” di Vecchioni a “Milano” di Lucio Dalla, “Il ragazzo della Via Gluck” di Adriano Celentano e le canzoni di Jax, Timoria e Alex Britti…
Ma un amore soprattutto nato dalla visione di centinaia di foto, ancora prima della moda di oggi di condividerle sui social.
Ricordo una collezione di una decina di foto d’epoca esposte in bella mostra presso l’ambulatorio del nostro medico di famiglia, che ritraggono Milano in diversi momenti della giornata nel lontano ‘800.
La fotografia stava incominciando a prendere piede e i primi fortunati che potevano permettersi una fotocamera, cominciavano a documentare la vita della città, testimoniandone gli usi e i costumi, l’architettura, i tram, i lavori in Duomo, gli avvenimenti sportivi, le ricorrenze.
Immagini che andrebbero conservate e condivise, i cui autori ed attori andrebbero ringraziati sebbene di loro non rimane più che un bel ricordo, esposto in una stanza in cui, tra un colpo di tosse e l’altro, vengono viste da pochi occhi attenti ma che sono state capaci ancora di segnare irrimediabilmente il destino di un bambino che le guarda a bocca aperta, e che hanno ispirato lo stesso, decine di anni più tardi, a scattare la foto di cui sopra, nel giorno di Sant’Ambrogio, durante la Fiera degli Obej Obej.