Recensione HER LEI
|RECENSIONE HER, tradotto in italiano “LEI”, il film che non ti aspetti.
A leggere la trama ti viene da pensare che si tratti di un film pensato da uno svitato per un pubblico svitato, con risvolti melensi e di un malloppone di due ore dedito al romanticismo.
Niente di più sbagliato di tutto ciò. La recensione che vi propongo è una prolissa ma necessaria analisi di quello che considero un film davvero intelligente e che consiglio di vedere (rigorosamente in lingua originale) perchè ti spiazza, proponendoti dei temi contemporanei sui quali riflettere e meditare.
Ma prima di dedicarci a pippotti mentali interminabili, alcune delle mie proverbiali considerazioni: SPOILER ALERT!
- Theodore è un nerd malinconico segaiolo (anche a livello mentale) con un baffo da molestatore seriale e dalla manifesta depravazione cronica. Insomma è un uomo normale.
Un uomo altrimenti normale capace tuttavia di fidanzarsi con il proprio software.
Ma non lo biasimo: se anche il mio PC parlasse con la voce di Scarlett Johansson o di Micaela Ramazzotti (protagonisti di nudi nel corso della sua carriera che rimarranno eterni nella mia mente a vita, e di questo la ringrazio) probabilmente anche io tenterei di accoppiarmi con il case del mio computer. - Nel futuro i sistemi operativi saranno dei fottuti secchioni saccenti che ti interrompono ad ogni frase e che sono curiosamente interessati al rapporto che hai avuto in adolescenza con tua mamma.
Ci mancava un fottuto software con manie freudiane. - I sistemi operativi femmina sono incorreggibili stalker, irrimediabilmente gelose, saputelle, confuse, complicate, criptiche e snervanti. Insomma, delle donne senza tette.
- In un imprecisato futuro ci vestiremo tutti come dei coglioni con colori inopinabili e con pantaloni a vita altissima che i 501 della Levis erano in confronto delle minigonne girofiga.
- Se ci pensi bene, Theodore Twombly è una specie di Leonard Hofstadter quarantenne, ma le fighe che si fa, fanno apparire quelle di Big Bang Theory solo delle sfigatelle brufolose
- Seriously Theodore? Hai un appuntamento con Olivia Fucking Wilde (cameo impietoso ma quanto è topa) e oltre a non metterti le lenti a contatto esci con quegli occhiali da vista che già nell’XIX° erano fuori moda da 10 decadi?
E non ti sei ancora tagliato quei cazzo di baffi?
E non hai ancora dato fuoco a quella cazzo di camicia gialla che sembri Titti dopo una fusione con Gatto Silvestro?
E soprattutto, esci con Olivia Fucking Wilde e nel taschino hai una stalker artificiale?
Con la voce di una bionda? NCS amico. - Sempre Olivia Fucking Wilde ad un certo punto chiede a Theodore Twombly se anche lui è “come uno di quegli stronzi che se la scopa e poi non la richiama”.
Davvero? C’è qualcuno al mondo capace di scopare con Olivia Fucking Wilde?
E non richiamarla?
Io l’unico motivo per cui non richiamerei Olivia Fucking Wilde dopo una notte di sesso è perchè mi sono suicidato.
Un po’ alla “Vedi Napoli e poi muori”. - Continuo a sostenere che ad una stalker artificiale sia meglio una stalker organica, almeno se ha le fattezze di Scarlett Johansson durante una crisi isterica posso sempre guardarle le tette e distrarmi.
- Niente da fare, nel futuro cisivestepopopopodemmerda
- Amy Adams prima di girare le varie scene del film ha passato ore e ore e ore e ore e ore e ore e ore in sala trucco per cercare di essere meno avvenente ma se di norma è figa da star male, dopo le ore e ore e ore e ore e ore e ore e ore in sala trucco è solo figa da star.
- Se mai i sistemi operativi bionde diventassero realtà, piuttosto che avere una relazione con una psicopatica artificiale preferisco installare una voce da uomo con cui parlare di birra e di topa.
E mio caro Theodore, continuo a pensare che era meglio farsi Olivia Fucking Wilde e suicidarsi poi. - Samantha è una cazzo di ninfomane cibernetica infedele. Questo fa di Theodore Twombly il primo cyber-cornuto
- Anche le femmine cibernetiche hanno bisogno di uno psicoterapeuta. E di un OS Freud 1.0
- La relazione uomo-macchina gode della proprietà transitiva: Io scarico il software – il software scarica me.
Oltre alle corna, Theodore Twombly è anche stato lasciato.
Dal sistema operativo.
E non si è nemmeno fatto Olivia Fucking Wilde.
Sfigato. - PS Dove si compra questo benedetto “OS1”?! No, non è per me, è per un mio amico…
Bene, dopo aver dissacrato a puntino un film che comunque considero un gran bel film, ecco l’analisi seria, sicuramente più noiosa ma decisamente uno spunto su cui riflettere.
In un anno futuro non precisato ma nemmeno troppo lontano, i sistemi operativi dei computer saranno Intelligenze Artificiali tecnologicamente avanzatissimi, programmati per poter provare una fortissima empatia con il soggetto con cui si relazionano, oltre essere capaci di provare emozioni, pensare, e provare tutte le altre sensazioni tipiche umane che le contraddistinguono da una semplice macchina, tanto da farle sembrare quasi persone umane, se non fosse per il fatto che si tratti di entità astratte.
In alcuni casi, questi sistemi operativi, riescono a raggiungere un feeling talmente intenso con la persona che acquista il software tanto da arrivare al punto di instaurare una relazione d’amore con il soggetto, ed è socialmente accettato dalla stragrande maggioranza della popolazione, quasi da ritenere le relazioni uomo – sistema operativo addirittura normali.
Il film racconta con una sensibilità e una delicatezza fuori dal comune un futuro non troppo utopistico in cui il regista ipotizza come potrebbero irrimediabilmente deteriorarsi i rapporti sociali a causa di questo crescere forsennato della tecnologia, che, nonostante i social network e le migliaia di amici con cui ci si sente in contatto ogni giorno, finiscono a spingerci alla più completa solutudine, costringendo l’uomo o la donna in uno stato di insicurezza cronica tale da rinchiudere il soggetto presso le propria mura domestiche, incoraggiandolo a costruire “delle mura” attorno a sè per proteggersi dalle persone e di conseguenza da potenziali partner.
Ecco quindi che arriva in aiuto quella stessa tecnologia che ci ha relegati all’interno di una campana di vetro che in precedenza la tecnologia stessa ci ha fatto costruire per non esporci ai “pericoli” del mondo.
Il nostro protagonista, Theodore Twombly (Joaquin Phoenix già visto ne “Il Gladiatore”) perso nei propri pensieri scaturiti da una vita con un passato radioso e ora naufraga di costanti insoddisfazioni e falcidiata come se non bastasse da una relazione conclusasi tristemente, viene a conoscenza del nuovo sistema operativo” OS1″ attraverso uno spot pubblicitario in cui vengono ritratte persone “perse” e “alla deriva” proprio come lui.
Il sistema operativo “OS1” è caratterizzato da un’ intelligenza fuori dal comune, un’intelligenza artificiale.
Lo acquista e una volta installato il sistema operativo e Theodore fanno conoscenza: dopo aver deciso che la voce del sistema operativo dovrà essere quello di una donna (Scarlett Johansson) incominciano a conoscersi e Lei si autobattezza con il nome di Samantha, “perchè le piace il suono”.
Samantha si rivela un’assistente precisa, puntuale, ironica e divertente e spesso indispensabile. Oltre a rivelarsi un’ottima compagna, spesso mostra una sensibilità decisamente inusuale per un sistema operativo dal quale ci si aspetta freddezza e indifferenza, conquistando, giorno dopo giorno, la fiducia, la stima e il rispetto di Theodore che in pochissimo tempo, non senza stupore, si innamora di Samantha.
La cosa che stupisce è che l’amore è corrisposto.
Samantha attraverso la relazione con Theodore, scopre di poter aumentare le proprie abilità, procedendo ad una crescita costante grazie all’acquisizione continua di informazioni ricevute dai propri sviluppatori che l’hanno programmata e dagli utenti con cui ha a che fare ogni giorno, compreso il protagonista.
Giorno dopo giorno la relazione (perchè ormai solo così si può definire, dal momento che i due sono riusciti anche a provare un’esperienza sessuale insieme) cresce costantemente, Samantha incomincia quindi a provare una serie di sensazioni ed emozioni completamente nuove e come in ogni relazione vengono attraversato momenti di crisi difficili da gestire per entrambi.
Tralasciando il susseguirsi della trama per non privarvi il piacere della visione di un film gradevole, intenso ma delicato, in realtà il sistema operativo OS1, Samantha, sebbene possa sembrare che la crescita sia affrontata solo dal software, è un vero e proprio sostegno psicologico per Theodore e per chi come lui si ritrova consumato dalla solitudine e dall’insoddisfazione quotidiana; la presenza costante di un assistente, di un’amica e di una consulente, ma soprattutto di una compagna è una vera e propria “stampella”, che fa quasi le veci di una terapeuta,un professionista pronto a svezzare con tutti i metodi possibili e necessari la persona con cui si interfaccia, spingendolo a buttarsi nella mischia e a combattere col mondo, dando vita ad una vera e propria “terapia d’urto”, il tutto all’oscuro del soggetto in questione che pensa di trovarsi seriamente in una relazione d’amore con una persona vera e propria, nonostante tutto non tangibile.
La pellicola non è nient’altro che la denuncia di uno dei mali che affligge la società moderna e che probabilmente affliggerà parte della generazione futura proprio per via della tecnologia: la solitudine, madre di ansia, insicurezza, depressione, e così via.
La provocazione lanciata dal regista è il superamento di tali disturbi “curando” la solitudine proponendo un modo di curare l’assenza di ciò che genera insoddisfazione con una finta presenza, ovvero una voce intelligente che diventa una presenza costante, ma essendo intangibile è paradossalmente allo stesso tempo un’assenza.
Quel che si capisce, instaurando un relazione amorosa con un’intelligenza artificiale è come instaurare una relazione a distanza: vi sono le emozioni, le sensazioni, i desideri e i sogni, ma alla fine la parte più forte è il corpo: l’assenza viene sentita, e in questo caso è il software stesso a soffrirne (e fare credere al soggetto di soffrirne davvero) tanto da proporre una soluzione alternativa per limare questa mancanza: in questo caso il software diventa una specie di “sito d’incontri” cercando di inserire nella relazione uomo – software una terza presenza, un partner fisico con cui il soggetto/cliente/paziente che ha acquistato OS1 possa finalmente interagire.
Nel corso del film OS1, Samantha, cerca di far comprendere al protagonista che non è l’unica persona con cui il software ha a che fare ma l’infatuazione che coinvolge Theodore lo rende “cieco” facendolo rifugiare in altre “mura”: la stessa Samantha si è trasformata in uno spazio sicuro, una specie di casa dalla quale potersi proteggere da altre relazioni, nonostante la qualità della vita stessa di Theodore sia migliorata, raggiungendo giorno per giorno scopi e traguardi di grande importanza che senza l’aiuto di Samantha non sarebbe riuscito a raggiungere per via della sua insicurezza.
E qui la “terapia d’urto”: quando Samantha capisce che il suo compito è finito, la “terapia” si conclude, si disattiva, lasciando smarrito il soggetto, incapace a questo punto di stare da solo inducendolo a gettarsi finalmente “nella mischia” e instaurare finalmente una relazione vera e propria con un altro essere umano e raggiungendo quindi la soddisfazione, sconfiggendo una volta per tutte la tanto amara solitudine.